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18 gennaio 2012

L'estate d'inverno

Un film di Davide Sibaldi. Con Pia Lanciotti, Fausto Cabra Drammatico, durata 70 min. - Italia 2008. - Iris Film Distribution uscita venerdì 15 ottobre 2010.

Locandina L'estate d'inverno
Christian è in viaggio, ha 19 anni e ama le imperfezioni. Lulù è una prostituta siciliana che capisce le rotte degli aerei ascoltandone solo il rombo dei motori. In un motel di Copenhagen, lei ha terminato il suo "lavoro" con Christian, ma lui le chiede di rimanere a parlare, per un'ora dopo "l'amore". Insieme scopriranno il dolore per il passato e il coraggio per il futuro.
Girato fra Italia e Danimarca, L'Estate d'Inverno ha vinto l'European Film Festival e il Chicago Lake County Film Festival. Il regista Davide Sibaldi quando l'ha diretto aveva appena 19 anni ma un'audacia già decisa. Totalmente filmato in un stanza di motel, la pellicola è un dramma da "camera" in tutti sensi, fisici e cinematografici. Un viaggio tra quattro mura nella vita e nella "paura della felicità" di due persone, un uomo e una donna bene interpretati da due attori provenienti dal "Piccolo Teatro" di Milano: Fausto Cabra e Pia Lanciotti. Difatti, L'estate d'Inverno ha una forte matrice teatrale: il tempo del racconto coincide con quella della realtà e la parola domina sull'immagine. Ma ha anche una radice visiva importante come nel Kammerspielfilm tedesco dove la psicologia umana plasmava il racconto. Il cinema sbuca fuori prima silenzioso poi inesorabile, nella lotta di dialoghi, campi e controcampi aggressivi, battaglie di espressioni, di scontri fisici, cadenzati dal montaggio di Rita Rossi e dal respiro che le musiche di Davide Fusco, tra elettronica e arpeggi di chitarra, contrappongono alla claustrofobia del set.
Contravvenendo ad una delle regole auree della settima arte, "Show, don't tell" (mostra, non parlare), L'estate d'Inverno è un film difficile per lo spettatore che può perdersi nei mille dialoghi: appare verboso e spesso inciampa in qualche psicologismo di troppo (i continui riferimenti a "madre e "padre"). Ma tra i difetti imputabili alla natura di opera prima, il film scova intuizioni e riflessioni importanti, sapendo appunto che la bellezza è una "cosa pesante" e che spesso, nella vita, ci si può trovare in stanze chiuse, vere o simboliche, aspettando d'incontrare qualcuno o addirittura l'estate d'inverno, dove il ghiaccio ostacola ma non elimina il calore.

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