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9 luglio 2011

La Linea D'Ombra : Il Male Assoluto


Nelle prigioni russe, i tatuaggi dei criminali sono opere oscure e dettagliate che nascondono un linguaggio segreto, fatto di potere, sottomissione e sofferenza in quelle terribili celle.
La storia e i significati dei tatuaggi legati alla mafia russa sono estremamente complessi, abbiamo cominciato a notarli solo recentemente grazie a libri e film, ma le radici di questa sottocultura partono dai primi del ’900. Questa pratica è divenuta comune tra gli anni ’60 – ’80 quando nelle carceri e nei gulag sovietici erano presenti oltre 35 milioni di persone, di cui si stima almeno 25 milioni si fecero tatuare.
Per i criminali Russi “la prigione è l’università del crimine”, quasi un passaggio obbligato per la propria scalata al potere e il tatuaggio diventa un biglietto da visita per far sapere ai tuoi simili chi sei, quali crimini hai commesso, di quanti anni è la tua condanna. Fregiarsi di un simbolo non vero comportava severe punizioni e spesso alcuni tatuaggi venivano inferti con la forza per marchiare e stigmatizzare le persone peggiori.
I tattoo oltre ad essere un simbolo del ruolo rivestito all’interno della mafia rappresentano l’istantanea di un popolo, in un particolare periodo storico e delle sue tradizioni. In prigione il tatuaggio mostrava la storia della tua vita e spesso era l’unico mezzo per i detenuti di manifestare il proprio dissenso nei confronti del sistema che li aveva condannati.
I simboli che compaiono più spesso sono le stelle, ogni punta indica un anno di carcere, posizionate come i gradi di un soldato sulle spalle, o sulle ginocchia, simbolo della non sottomissione. I teschi che esorcizzano la morte e sulle mani indicano il numero di omicidi commessi, la corona di spine simboleggia l’ergastolo e la madonna con il bambino sta ad indicare che la persona è stata un ladro fin dall’infanzia. Il numero delle guglie di una chiesa, la più raffigurata è la cattedrale di San Basilio, indicano il numero delle volte in cui il prigioniero è stato condannato.
Spesso il tratto è incerto e sbiadito per l’inesperienza e la mancanza di strumenti per lavorare, l’autore del libro racconta che l’inchiostro veniva ricavato bruciando il tacco di una scarpa, mescolando il prodotto con l’ammoniaca delle urine e il tappo di una penna diventava il contenitore. Al posto delle moderne machinette si usava la corda di uno strumento musicale abbinata ad un rasoio elettrico.

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